
Altro che Dio denaro, a La Castellaccia si venera la Dea Natura. Mentre ti parla delle sue bottiglie, lo capisci bene che se fosse per Alessandro, la parte commerciale nemmeno esisterebbe: non si ricorda un prezzo, una data, per lui sembrano contare soltanto la vigna, la terra, il vino e le persone che lo circondano, e scusate se è poco.
La vigna viene trattata come un bimbo piccolo, dandole la propoli come se avesse il mal di gola, e girando in jeep fra i filari ti accorgi che la sua non è una "fabbrica di uva", come lo stesso Alessandro definisce alcuni grandi produttori della zona, ma un vero e proprio ecosistema ricco di biodiversità, parole a cui lui e sua moglie Simona riescono a dare un significato profondo, capace di andare al di là della moda del momento pur nella consapevolezza che il vino è comunque un prodotto dell'uomo, e che dunque definirlo "naturale" ha senso solo fino ad un certo punto.
La materia prima viene lavorata il meno possibile, il che porta l'azienda ad uscire con i propri prodotti con tempi decisamente non in linea con quelli del mercato. Basti pensare che la Vernaccia 2013 è ancora da imbottigliare, quando il prossimo marzo alcuni produttori della zona usciranno già con l'annata 2014. Già, perché la Vernaccia fatta alla maniera di Alessandro ha bisogno di tempo per dare il meglio di sé, senza trucchi e aggiuntine, ed ogni bottiglia è un viaggio alla scoperta di un mondo nuovo, mai uguale alla precedente.
Ecco così che i migliori assaggi sono quelli dell'annata 2011, con bottiglie che hanno avuto il tempo di evolvere ed affinare con calma. La Vernaccia "base" presenta un bel naso minerale, acacia, paglia, frutta a polpa bianca e mandorle, ed una sapidità importante che ci ricorda come un tempo anche qui a San Gimignano ci fosse il mare. La Vernaccia "selezione", a causa della breve macerazione pellicolare, ha un corpo e una struttura più importanti, così come anche la Riserva, che fa un passaggio in tonneau e che presenta una bocca decisamente più piena e morbida. Molto interessanti anche i rossi, con un sangiovese 100% dall'imbarazzante rapporto qualità/prezzo, che si svela al naso con un elegantissimo bouquet di fiori e frutta, ed il sangiovese "Il Corsiero", dalle note un po' più evolute e complesse, con tocchi di cacao e spezie ad impreziosire il bicchiere. Sfortunato invece l'assaggio de I Giovenchi 2009, sempre a base di Sangiovese, il cui naso presentava evidenti segni di ossidazione.
E mentre ce ne andiamo, Alessandro ci lascia con una sfida, tornare ad assaggiare fra qualche tempo l'annata 2014, climaticamente difficilissima. Solo chi ha coraggio - ci dice - uscirà bene da un'annata come questa...e il coraggio certo ad Alessandro non manca.
Complimenti! Difficile trovare chi ha voglia di perdersi nel razionale disordine naif di Alessandro. Una parsona vera, senza fronzoli.
RispondiEliminaGrazie Paolo, vedo che anche tu sei un enologo...è un piacere averti sulle mie pagine ☺
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