domenica 6 dicembre 2015

La Castellaccia, quando la Vernaccia è al top

Guide sì, guide no, fra gli appassionati di vino ferve da sempre il dibattito sull’affidabilità e la sensatezza di punteggi, chiocciole, bicchieri e grappoli assegnati ogni anno da squadre di degustatori professionisti ai migliori vini prodotti nel nostro paese.
Se in alcuni casi sono presenti storture evidenti e criteri decisionali non così trasparenti, risulta difficile tuttavia catalogare ogni classifica come spazzatura, soprattutto se l’utente a cui ci si rivolge è l’ “uomo qualunque” che non opera nel settore e fatica a districarsi nella selva di denominazioni, senza qualcuno che operi una scrematura al posto suo.
E se si parla di guide e punteggi, non si può fare a meno di parlare di Robert Parker, forse il più influente critico di vini al mondo, e del suo erobertparker.com, il sito di riferimento per milioni di consumatori statunitensi, francesi, inglesi, giapponesi e sudamericani, che pochi giorni fa ha portato alla ribalta la nostra amata Vernaccia di San Gimignano.
La corrispondente Monica Larner, responsabile delle recensioni per l’Italia, ha infatti assegnato un sonoro 90+ alla Vernaccia “Murice” dell’azienda La Castellaccia, e se anche all’estero – dove vola oltre il 50% della Vernaccia prodotta, col mercato statunitense secondo solo alla Germania – iniziano ad accorgersi che a San Gimignano si produce del vino di alta qualità, la strada intrapresa è forse, davvero, quella giusta.
Dopo i riconoscimenti nazionali che hanno confermato gli ottimi risultati di aziende come Cesani, Il Colombaio di Santa Chiara e Montenidoli, a spiccare il volo stavolta è stata come detto La Castellaccia, guidata con passione da Alessandro Tofanari – il cui nome da un anno troviamo stampigliato con orgoglio in etichetta – coadiuvato da sua moglie Simona e dal nipote Marco, assistiti in cantina dal fidato enologo Paolo Marchi.
La Murice 2011, protagonista della recensione, ha mostrato linee fresche e aromi classici di agrumi e drupe, aprendosi a note di cenere, salvia, mandorle e pinoli tostati, con una tessitura di seta ed un finale lungo e morbido, fulgido esempio di come la Vernaccia abbia ottime capacità di invecchiamento, troppo spesso sottovalutate da chi si ostina a pensarla come un vino sempliciotto da consumarsi nell’annata.
Complimenti ad Alessandro e avanti così, sulla strada della qualità!

domenica 24 maggio 2015

Alla scoperta delle Marche: Cuprese 2012

Colore giallo paglierino con riflessi dorati, questo Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore (vinificato in solo acciaio) si presenta al naso con una nota intensa di mineralità incipriata, che prevale su sensazioni floreali e note di frutta a polpa gialla matura. In bocca l'ingresso è morbido ed il vino caldo, ma le morbidezze sono ben bilanciate da una sapidità e una freschezza degne di nota. 

Chiude con un leggero amarognolo ed una retrolfattiva carica di tostature.

Si sposa bene con una linguina al pesto di mandorle, limone e nepitella, la cui intensa aromaticità è bilanciata per contrasto dalla morbidezza del bicchiere, il cui corpo ed alcolicità, tuttavia, sovrastano un poco il piatto.

Prodotto dalla cooperativa Colonnara, costituita da 110 soci che operano assieme dal 1959, mostra come qualità faccia rima con coop non soltanto nel nord Italia. 

domenica 22 febbraio 2015

Non toccate quei prezzi ballerini

I prezzi non sono una variabile indipendente, ma portano con sé delle informazioni: ci dicono ad esempio quanto il bene in questione venga domandato ed offerto sul mercato, o se tale risorsa sia scarsa o abbondante, e consentono agli agenti economici di allocare nella maniera più efficiente le risorse stesse attraverso il cosiddetto calcolo economico, che offre loro la possibilità di decidere cosa, quanto e come produrre in base alle proprie previsioni su costi e ricavi futuri.
Decidere invece che il Chianti Classico debba costare non meno, che so, di 20 euro, oltre che nuocere alle tasche di quelli che come me non sono produttori né star del settore, significa porre le basi perché si registri sovrabbondanza del bene che si vorrebbe tenere sotto controllo, distorcendo le informazioni che guidano l'azione umana. Io, laureato in economia, mi sono iscritto a enologia per capire qualcosa in più di vino...in molti farebbero bene a fare il percorso inverso, prima di lasciar andare la penna.