Guide sì, guide no, fra gli appassionati di vino ferve da sempre il dibattito sull’affidabilità e la sensatezza di punteggi, chiocciole, bicchieri e grappoli assegnati ogni anno da squadre di degustatori professionisti ai migliori vini prodotti nel nostro paese.
Se in alcuni casi sono presenti storture evidenti e criteri decisionali non così trasparenti, risulta difficile tuttavia catalogare ogni classifica come spazzatura, soprattutto se l’utente a cui ci si rivolge è l’ “uomo qualunque” che non opera nel settore e fatica a districarsi nella selva di denominazioni, senza qualcuno che operi una scrematura al posto suo.
E se si parla di guide e punteggi, non si può fare a meno di parlare di Robert Parker, forse il più influente critico di vini al mondo, e del suo erobertparker.com, il sito di riferimento per milioni di consumatori statunitensi, francesi, inglesi, giapponesi e sudamericani, che pochi giorni fa ha portato alla ribalta la nostra amata Vernaccia di San Gimignano.
La corrispondente Monica Larner, responsabile delle recensioni per l’Italia, ha infatti assegnato un sonoro 90+ alla Vernaccia “Murice” dell’azienda La Castellaccia, e se anche all’estero – dove vola oltre il 50% della Vernaccia prodotta, col mercato statunitense secondo solo alla Germania – iniziano ad accorgersi che a San Gimignano si produce del vino di alta qualità, la strada intrapresa è forse, davvero, quella giusta.
Dopo i riconoscimenti nazionali che hanno confermato gli ottimi risultati di aziende come Cesani, Il Colombaio di Santa Chiara e Montenidoli, a spiccare il volo stavolta è stata come detto La Castellaccia, guidata con passione da Alessandro Tofanari – il cui nome da un anno troviamo stampigliato con orgoglio in etichetta – coadiuvato da sua moglie Simona e dal nipote Marco, assistiti in cantina dal fidato enologo Paolo Marchi.
La Murice 2011, protagonista della recensione, ha mostrato linee fresche e aromi classici di agrumi e drupe, aprendosi a note di cenere, salvia, mandorle e pinoli tostati, con una tessitura di seta ed un finale lungo e morbido, fulgido esempio di come la Vernaccia abbia ottime capacità di invecchiamento, troppo spesso sottovalutate da chi si ostina a pensarla come un vino sempliciotto da consumarsi nell’annata.
Complimenti ad Alessandro e avanti così, sulla strada della qualità!
