lunedì 25 agosto 2014

Elogio dell'omologazione

Vini “omologati”, per slow food lo sterco del demonio.

In un recente articolo di Fabio Pracchia sono gli enologi a finire questa volta sul banco degli imputati, colpevoli di rendere una larga fetta dei vini presenti sul mercato tutti molto simili gli uni agli altri, privi di personalità, in un trionfo del capitalismo consumista sulle tradizioni “slow” e sul territorio, con tutti i suoi annessi e connessi di specificità.

La critica sembra tuttavia poggiare su fondamenta poco solide. Anzitutto l’evidenza empirica parrebbe andare in direzione esattamente opposta: negli ultimi anni si è assistito infatti ad un continuo rifiorire di vitigni autoctoni, bottiglie “bio” e manifestazioni che fanno del recupero e della valorizzazione di antiche tradizioni la propria bandiera. La rivincita del "diverso" e del carattere insomma, che proprio il successo di Slow Food è lì a testimoniare.

In secondo luogo la critica al vino "easy" dimentica che, fra i consumatori di vino, gli eno-appassionati sempre in cerca di qualcosa che sappia stupire narici e palati sono in realtà una minoranza. Il consumatore medio ingurgita vini relativamente economici in cerca di momenti di banale piacevolezza, fra sentori piacioni di frutta e sensazioni di semplice freschezza e morbidezza  in bocca. E nel concedersi per le feste comandate un bel barolo assieme a dei crostacei, o uno champagnino assieme al pandoro, demolendo in un solo istante anni di studi su possibili tecniche di abbinamento, è spesso in cerca di un qualcosa che sia identico a qualsiasi latitudine, rassicurante nella sua scontata quanto economica perfezione, un po’ come quando all’estero ci rifugiamo nel primo mc donald’s per sfuggire ai misteriosi intrugli offerti dalla bancarella all’angolo.

E l’aspetto economico è di vitale importanza, perché non tutti possono permettersi di spendere soldi in bottiglie di personalità che spesso tuttavia hanno un naso poco pulito o necessitano di anni passati in cantina nella speranza che i tannini diventino finalmente godibili. Se ci mettiamo nei panni dei produttori le cose non cambiano poi molto: quanti sono i fuoriclasse che possono permettersi di ignorare i gusti della massa alla ricerca di vini di carattere? Scagliarsi contro l'omologazione del gusto coi soldi degli  altri è certamente facile, ma probabilmente poco rispettoso di chi, attraverso i propri capitali e la propria fatica, intraprende liberamente una strada con l'intento di soddisfare clienti altrettanto liberi di scegliere fra proposte diverse.

Vino mediamente ben fatto ed accessibile a tutti, è questa la forza del vino omologato. E scusate se è poco.

L'altra Toscana: dalle Apuane alla Maremma



I grandi avvenimenti vanno festeggiati a dovere, e il terzo compleanno della mia splendida figlioccia era l'occasione giusta per brindare con un paio di bottiglie della Toscana "minore", quella che di rado finisce sui giornali ma che è capace comunque di regalare splendide bottiglie. Di seguito qualche rapida nota di degustazione.

Vermentino bianco Vigne Basse 2013 Colli di Luni DOC, Azienda Agricola Terenzuola: la bottiglia sembra quasi parlarti della Lunigiana, terra di spiriti anarchici e indipendenti, di gente che nelle osterie di fine '800 si riuniva davanti a un bicchiere per preparare la rivolta contro il potere costituito. E allora l'acidità sferzante ti scalcia in bocca, e la spiccata sapidità ti ricorda il Mar Tirreno, il mare della mia vita, mentre i freschi agrumi e le erbe aromatiche che inebriano delicatamente il naso hanno un che di noto e rassicurante, come le Apuane a proteggerti le spalle. Un vino dal corpo non particolarmente importante, da abbinare ad un piatto a tendenza dolce e grassa, ad esempio a base di crostacei, in modo che sapidità e acidità possano trovare il giusto contraltare. Per i più curiosi, della stessa azienda si segnala un Vermentino nero molto interessante, che conferma la vocazione autoctona della Lunigiana. 

Canaiolo Provenzano 2011, Azienda Agricola Marciano: rosso scarico, questo canaiolo in purezza si mostra un po' chiuso al naso, ed incapace di aprirsi anche sostando nel bicchiere, con la frutta rossa, la viola e alcuni tocchi di cacao che restano così oppressi nelle retrovie; sarà un caso, ma il marchio "biologico" pare associato di frequente ad uno spettro olfattivo non particolarmente pulito. La bocca è morbida, il tannino appena percettibile, vino dalla beva facile, fresco e  di medio corpo. Quella che conduce alla riscoperta dei vitigni autoctoni resta tuttavia una strada interessante da percorrere, capace di segnare in modo netto la specificità della realtà vinicola italiana.


Poggio alla Guardia Rocca di Frassinello 2010: ricco, pieno, intenso, esuberante nella sua media finezza, fra prugne, ribes, cacao e sensazioni balsamiche tipiche del cabernet sauvignon coltivato in zone calde, il vino è morbido, giustamente tannico, fresco, di corpo. L'ambizioso progetto Panerai- Rotschild si esprime anche attraverso questo vino "base", con il classico taglio bordolese che viene "toscanizzato" sostituendo il sangiovese al cabernet franc. E se questa è la terza etichetta della casa, toccherà sacrificarsi e andare a caccia delle altre due...


lunedì 18 agosto 2014

Degustati per voi: Riserva I Mocali 2010 e Vin Santo Fattoria S.Donato 2007

Si parte da casa mia, avevamo detto qualche tempo fa. Ecco allora che ieri sera ho assaggiato fra amici una delle più note riserve di Vernaccia di San Gimignano, quella prodotta dai Fratelli Vagnoni in quel di Pancole. La Vernaccia di San Gimignano mostra spesso ottime capacità di invecchiamento, in questo caso tuttavia non andiamo molto indietro con gli anni, la bottiglia è infatti una annata 2010. Il colore - coi suoi riflessi dorati - parla subito di un vino vivo ed importante. Al naso il legno sembra bene integrato: si avvertono una nota intensa di nocciola e la vaniglia della barrique, mentre un richiamo di banana rimanda al probabile utilizzo di chardonnay nell'uvaggio, sebbene l'etichetta parli di sola vernaccia. Si avvertono anche note minerali di pietra focaia, per uno spettro olfattivo che si presenta in definitiva ricco e complesso. Scaldandosi, il naso perderà parte della propria eleganza, ed emergeranno note floreali ed agrumate inizialmente sopite. In bocca il vino è di corpo, morbido, caldo, di buona sapidità e freschezza, equilibrato e persistente. In retrolfattiva domina la mandorla amara e vengono confermate le sensazioni olfattive, su tutte quella di vaniglia. Infelice il pigro ed improvvisato abbinamento con la mia pizza margherita, nettamente sovrastata da una bottiglia che ha comunque una certa importanza. 

Il San Gimignano Vin Santo Fattoria S.Donato 2007 (max. 20% di vernaccia da disciplinare) si presenta invece molto intenso al naso, mediamente fine,  con  note prevalenti di miele e confettura di albicocche. La morbidezza avvolgente del vino fatica ad essere bilanciata dalle parti dure, e una sensazione di affaticante dolcezza impressiona la bocca. Quanto all' "abbinamento" col kilo di gelato spazzolato in cinque minuti lì di fianco, consentitemi di stendere un simpatico quanto pietoso velo...


lunedì 11 agosto 2014

Piccoli sommelier crescono...

Un piccolo passo per il mondo della sommelerie, un grande passo per me. Ieri sera decimo anniversario della manifestazione "Calici di stelle" al Cassero di Poggibonsi, ed esordio in smoking e tastevin per il sottoscritto. E se l'abito non fa certo il monaco, quella di ieri è comunque una data che entra di prepotenza nella mia piccola e personalissima storia come una di quelle che non si dimenticano.

A incorniciare il momento una luna spettacolare ed i vini delle aziende Tenuta Villa  Rosa da Castellina in Chianti (con Chianti Classico e Chianti Classico Riserva 2010), Castello di Meleto da Gaiole (Chianti Classico 2011) e Cappella di Sant'Andrea da San Gimignano (con Vernaccia di S.G. 2013, Ciliegiolo 2011 e Rosato di S.Giovese 2013), che ho avuto il piacere di servire assieme alla amica e collega Vanessa. 

Intenso come sempre l'afflusso di pubblico, con due conferme: il vino rosato è tornato clamorosamente di moda, e la parola "Riserva" - associata ad una bottiglia di vino - orienta in modo decisivo la scelta dell'uomo "comune" (gli ambiziosi riformisti che puntano a profonde modifiche dei disciplinari a suon di zonazioni sono  avvertiti).

Chiudo con due note al volo sulla bella Vernaccia 2013 della Cappella di S.Andrea: se la prima olfazione lascia talvolta perplessi, basta un attimo di pazienza ed un campo di fiori bianchi e gialli si schiude al nostro naso. Sapidità vibrante e bella freschezza rendono instancabile la beva, anche se il finale intensamente ammandorlato rende probabilmente la bottiglia più adatta alla tavola che non ad un consumo fuori pasto.

E con voialtri...appuntamento al 10 agosto 2015, sempre al Cassero di Poggibonsi con la Fisar Siena Valdelsa.