lunedì 22 febbraio 2016

Impressioni di Vernaccia

E’ stato un San Valentino all’insegna della Vernaccia di San Gimignano quello appena concluso, in cui la DOC più antica d’Italia (se ne festeggiano proprio in questi mesi i 50 anni) ha svelato in anteprima ad appassionati ed operatori di settore le annate 2015 - per quello che concerne le versioni “base” – e la 2014 e 2013 per quanto riguarda invece Selezioni e Riserve.
Lo splendido clima della stagione 2015 ha dato vita a una Vernaccia che nel calice ha rivelato corpo e sapidità degne di nota, anche se le temperature più elevate dell’estate non hanno aiutato il naso tipicamente un po’ timido del vitigno toscano ad emergere. Particolare “sprint” hanno poi mostrato alcune “selezioni”, frutto di scelte più accurate in vigna, il cui assaggio rivela mediamente legni più integrati e meglio gestiti di quelli avvertibili sulle Riserve.
Quest’ultima tipologia mostra infatti note di vaniglia a tratti parodistiche, a cui raramente fa da contraltare una “polpa” adeguata a quel che il naso darebbe ad intendere: le eccezioni si contano sulle dita di una mano, da L’Albereta del Colombaio di Santa Chiara – da quest’anno non a caso passato alla botte grande – alla Riserva de La Castellaccia, recentemente premiata da Robert Parker ma assente nelle sale dell’anteprima.
Gli ottimi assaggi di selezioni come quella di Lucii Libaio (naso timido, ma che bocca!), Cappella di Sant’Andrea e Panizzi, nonché il progressivo affermarsi delle prime Riserve affinate senza utilizzo di legni (che il disciplinare non impone), come la Sanice di Cesani o Vigna ai Sassi di Tenuta Le Calcinaie, sembrano mostrare la via: mentre fra i banchi impazza il toto-vitigno, con appassionati e operatori impegnati a scovare eventuali percentuali di vitigni complementari, il vero nodo per una definitiva svolta all'insegna della qualità parrebbe davvero essere quello relativo all'utilizzo più assennato del legno, nonostante certi eccessi del passato siano stati abbandonati già da tempo.
La palma del più coraggioso spetta invece, anche quest’anno, a Giorgio Comotti de Il Palagione: tutti parlano delle ottime capacità di invecchiamento della Vernaccia, lui è l’unico a farci assaggiare bottiglie con undici anni sulle spalle: chapeau.
Quanto al futuro, leggerlo è sempre molto difficile, ma appuntatevi sul taccuino la Vernaccia “Lunario” di Borgo Tollena: un ultimo sforzo, e potrebbe far capolino a breve fra le migliori bottiglie “entry level” prodotte all’ombra delle torri.